29.6.11

Diario di Armand - L'Etoil D'Or

19 ottobre 2013 – 22:00 circa

Mi sono sempre chiesto perchè più le persone si ritengono importanti più si fanno attendere. Insomma, non ho mai visto nessun professore, avvocato o politico arrivare in orario e non è che fra Cainiti il concetto sia poi così diverso: quelli che aspettano sono sempre gli ultimi degli stronzi.

Almeno i divanetti sono comodi.
Non è un locale di cattivo gusto, ma è pieno di quei noiosi pidocchi che si credono intellettuali soltanto perchè vanno alle mostre ed agli spettacoli teatrali. Ci sono sempre stati quelli così: potrebbero stare per ore a raccontarti la storia della loro vita che è sempre la stessa – tutti grandi artisti geniali che la società non apprezza – e piangersi l'un l'altro addosso in mezzo ad un mare di sorrisi falsi. Ma tanto alla fine anche loro vengono qui per rimorchiare e scopare, c'è poco da fare, quindi perchè perdersi in chiacchiere? Anche se io non so chi ha scritto quel libro pallosissimo che hai sul comodino, vorresti comunque infilarmi la lingua in gola, no? Stupidi intellettuali.

Spero di non aver spaventato troppo il barista: questo posto è pieno di specchi e temo si sia accorto del mio piccolo problema. Per fortuna nei locali la gente ci mette poco a convincersi di essere semplicemente sbronza e se proprio ho bisogno di giustificarmi... La scusa del prestigiatore di solito funziona. Anzi, è proprio ottima: da quando l'ho usata con quel tizio che aveva lo specchio proprio sopra il letto ho capito di poterci fottere un po' tutti. Quanto si era eccitato quell'idiota! Chissà come mi è venuto in mente: i maghi non mi sono mai piaciuti.

Lei non arriva. E siamo tutti qui ad aspettare.
Odio far conversazione per ammazzare il tempo, ma il tipo accanto a me è splendido. Forse quattro chiacchiere con lui potrei anche sforzarmi di farle anche se temo che sia uno di quei tipi con la puzza sotto il naso. E' un Fratello, come quello accanto a lui. Sembrano conoscersi anche se l'altro è un omaccione grande, grosso e selvatico, con tanto di anfibi e pantaloni verde militare. Ad alcuni piacciono i tipi così... Animaleschi. Dietro di loro, in piedi, accanto ad un tavolino con un mazzo di rose c'è una ragazza con il classico look da "Non ci provare o ti spacco la faccia": quelle così di solito si sottomettono solo quando trovano quello più stronzo e fuori di testa di loro. Anche lei è un tipo, senza dubbio. E poi c'è un uomo che cammina per la stanza sospettoso: fosse per lui svuoterebbe tutti i vasi da fiori e ci guarderebbe dentro, ci scommetto. Non saprei dire quanti anni dimostra: doveva essere giovane quando è stato Abbracciato... Ma non sembra portarseli piuttosto bene. Ha una giacca lunga e sta lì a lanciare occhiatine: troppo educato, non è il mio tipo.
Quelli così ti chiedono scusa anche se gli pesti un piede.

Davanti alla porta ci sta l'idiota vestito da mago. Ora, qui siamo tutti strani ma questo tipo è proprio un fenomeno da baraccone: sembra uscito da un manicomio con quel diavolo di cappello da mago Merlino. Sta lì che canticchia qualcosa di incomprensibile... E se questo è il comitato di benvenuto non voglio immaginare come sono gli altri. Vicino a noi, su un altro divanetto, ce ne sono altri due che sembrano essere del posto: hanno fatto un cenno al pazzo quando è entrato.
Uno è un ragazzino, con una camicia più grande di lui arrotolata fino ai gomiti, le bretelle e le fondine in bella vista. L'altro invece ha un gessato bianco ed lunghi capelli neri: carino, ma ha un'espressione che non mi ispira particolarmente fiducia.

Qualcuno intorno a me sta cominciando a conversare.
La ragazza è silenziosa ma i due Fratelli sul divanetto accanto a me parlano.
Michelle... Bel nome... Io faccio il fotografo, Michelle...
Eccola la, quella luce nei suoi occhi che urla "Toreador!" appena parli di queste cose.
Magari ti faccio un servizio fotografico Michelle, saresti un ottimo modello...


Ecco, mi bastava incominciare a parlare di cose interessanti per farla arrivare, come quando ero ragazzo e l'autobus passava sempre quando mi accendevo la sigaretta.
No, non è lei. Due buttafuori, i classici gorilla senza cervello...

Sì, eccola, c'è anche lei.
Tacchi alti, vestito rosso e scollato, bionda... Semplicemente rivoltante, con quell'aria da Marylin Monroe dei Cainiti. Come se me ne battesse qualcosa del suo presunto fascino. Forse è meglio se faccia finta di ascoltarla adesso: ho idea che sia una stronzetta permalosa.

19.6.11

Dalle memorie di Ruby - L'arrivo a Venezia

19 Ottobre 2013 - 21:00 circa
La voce gracchiante dell'altoparlante che annunciava l'imminente arrivo a Mestre mi riscosse dai pensieri in cui mi ero perso. Con la mano destra tastai la tracolla da viaggiatore che indossavo sopra alla giacca in pelle. Come se qualcuno potesse essersi avvicinato per rubarla senza che me ne accorgessi... Ma vent'anni di immortalità non sono abbastanza per farti perdere alcune vecchie abitudini.
Ero teso, preoccupato, fino all'esagerazione. "Calmati Ruby, non essere ridicolo..."
Me lo ero ripetuto spesso durante il viaggio.
Mentre il treno si fermava e ripartiva in vista della stazione di Santa Lucia cercai di nuovo tramite il cellulare informazioni o aggiornamenti sulle maggiori testate giornalistiche italiane e straniere.
Nessuna nuova notizia, esclusi i dibattiti sugli annunci dei politici per i progetti di ricostruzione.
Le cause del maremoto di Venezia rimanevano attribuite ad uno smottamento non ben localizzato nel mar Adriatico. Un fenomeno sismico di piccolo conto probabilmente, ma che aveva avuto la sfortunata coincidenza di avvenire nei pressi della città più esposta ai rischi di un'onda anomala in tutto il mondo. "Una tragica fatalità".
Tragico, sì. Fatalità...
Guardai l'orologio che portavo al polso. L'orario di arrivo previsto era passato da dieci minuti, ma era un ritardo più che accettabile. Dovetti di nuovo porre freno all'ansia crescente.
Sbirciai fuori del finestrino e distinsi le luci della laguna avvicinarsi.
Avevo un minuto. Più che sufficiente.
Chiusi gli occhi e mi concentrai.
"Sire, sono quasi giunto a Venezia"
Ci volle qualche secondo perché nella mia mente prendesse forma la risposta.
"Ottimo. Ricorda le tue istruzioni, e non deludermi, infante."
Sospirai "Farò del mio meglio, mio Maestro".
Interruppi la comunicazione telepatica e mi abbandonai sul sedile, e misi in fila i miei pensieri, così da affrontare l'arrivo nella capitale veneta con calma e razionalità.
È più facile affrontare i problemi se ti prendi un attimo di tempo per studiarti la situazione.
Stavo arrivando a Venezia.
Venezia, patria città del clan Giovanni, clan di necromanti che si era sempre dichiarato indipendente.
Tra loro e la Camarilla esiste una sorta di patto di non belligeranza. I due gruppi non hanno troppi interessi in comune. Il clan Giovanni è molto chiuso e non si interessa agli affari della Camarilla, e la Camarilla non presta troppa attenzione e non nutre particolare curiosità per le pratiche del clan.
E' vero che noi vampiri siamo clinicamente morti, ma rialzare i cadaveri dalle tombe e immischiarsi con gli spiriti è un'altra faccenda... Meglio non averci a che fare.
Ma qualcosa era cambiato. Sembrava che l'intero clan residente a Venezia fosse scomparso, e che la comunità vampirica della città fosse in subbuglio. Assolutamente comprensibile, visto che i Giovanni erano stati i padroni di Venezia sin da tempo immemore.
Le cause della sparizione: mistero.
Il modo: mistero.
Le conseguenze: mistero.
La sparizione di un clan, seppur (e forse sopratutto) non in seno alla Camarilla era un fatto grave. La Setta non poteva rimanere inerte e inattiva. Per questo io e altri Fratelli arruolati in giro per il mondo eravamo stati mandati per indagare sull'accaduto.
A quanto mi era stato riferito era la Camarilla a detenere il Dominio di Venezia al momento.
Interessante.
Riaprii gli occhi e fissai il piccolo trolley adagiato sul porta valigie del treno.
Speravo solo di non scoprire le cose sbagliate.
Io ero un inviato della Camarilla. Già. Ma ora stavo entrando nel territorio di un'altra Camarilla.
Il treno cominciò a frenare. Bloccai lo schermo del telefono, lo infilai nella borsa, mi alzai e sistemando la tracolla, afferrai il mio trolley e mi diressi alla porta più vicina.
La stazione di Santa Lucia era piccola, ma non affollata. Sopratutto non a quell'ora. Quasi nessuno scese dal treno a parte me, e incontrai poche persone nel tragitto verso l'uscita.
Non avevo molte informazioni, non sapevo chi dovevo incontrare, nè come si sarebbe fatto riconoscere.
Decisi di affidarmi alla Vera Vista. Mi fermai appena uscito dalla stazione. Ammirai per un attimo la scalinata che portava alla piazza, che dava direttamente sul Canal Grande. Osservai i palazzi che sull'altra riva fiondavano le loro facciate dritte nell'acqua, i traghetti e le imbarcazioni che passavano in quel tratto di canale, le persone. Era molto affascinante. Effettivamente, non ero mai stato a Venezia. Né da vivo, né tantomeno da morto. Quando respiri e puoi lasciare il panorama della Serenissima mozzarti il fiato è un conto. Per noi morti recarsi a Venezia spesso poteva essere una scelta dai rischi... inaccettabili.
Speravo solo che non fosse così per me.
Chiusi gli occhi e mi concentrai. Riaprendoli, il potere del mio sangue mi mostrò attraverso di essi uno spettacolo leggermente diverso. Le persone attorno a me ora apparivano differenti, circondate da un alone di colori e bagliori. Mi fermai un attimo a osservare le aure dei passanti. Tutti umani. Mi voltai per osservare altri soggetti.
Mi si gelò il sangue nelle vene per un attimo. Mi voltai di scatto verso l'interno della stazione, cercando di individuare il bagliore di un aura troppo vivida per essere quella di un essere umano, o anche di un vampiro.
Nulla.
Richiusi gli occhi e mi calmai. Ero troppo teso. Troppo.
"Ruby, senza la calma non hai il controllo... Calmati."
Avevo tutti i motivi per essere teso, ma feci l'unica cosa logica da fare. Mi calmai. Riaprii gli occhi e continuai a cercare.
Scesi con calma i gradini della stazione e mi diressi verso il canale, trascinando rumorosamente il trolley sui mattoni della piazza.
Dovevo raggiungere Palazzo Ducale, se qualcuno non si fosse messo in contatto. L'elisyum del Principe era lì, dove fino a pochi giorni prima era stato il ritrovo del Doge. Giovanna Zambon. Primo Vampiro della comunità Giovanni a Venezia. Ovviamente, anche lei sparita.
Mi feci strada finio alle mappe della mobilità urbana del luogo, e localizzai Palazzo Ducale. Non era lontano. La città non era grande, a piedi e con un po' di tempo si poteva raggiungere praticamente ogni luogo delle due isole sul Canal Grande.
Ma l'idea di aggirarmi da solo tra le viuzze di Venezia non mi attirava particolarmente.
Decisi di approfittare e di fare il turista, godendomi la traversata sul Canale con il traghetto, per arrivare direttamente in Piazza San Marco. Mi voltai per raggiungere le biglietterie... Mi ricordo che lì per lì non seppi che pensare quando lo vidi.
A pochi passi da me stava un ragazzo dagli sfibrati capelli biondo pallido lunghi sino alle spalle, con un cappello a punta blu con stelle bianche stile apprendista stregone, dei jeans blu elettrico glitterati, degli stivali che sembravano essere in pelle di coccodrillo lunghi fino al ginocchio, la maglietta di un gruppo metal chiamato Stratovarius e una lunga giacca di stoffa blu scuro con un motivo di occhi di varie grandezze, forme e colori. E aveva gli occhi spalancati a fissarmi, con un'aria un po' sognante, e sorridente.
Mi bloccai e lo fissai per cinque secondi buoni, squadrandolo dalla punta del cappello a quella degli stivali.
Usai di nuovo il potere del mio sangue e osservai la sua aura. Pallida. Come quella di un vampiro.
- Ciao!
Fu lui a salutarmi per primo, senza muovere un muscolo che non servisse solo a parlare.
- Tu sei il francese, vero? - mi chiese con voce squillante.
Mi ripresi dallo choc che il suo stesso abbigliamento costituiva e lo guardai negli occhi.
- Veramente sono svizzero - risposi con un mezzo sorriso. Lui reagì alzando il mento e squadrandomi un po'.
- Aaaaaaah, sì sì un orologiaio, capisco... Però hai un nome francese, vero? Parli anche come loro, tipo con una biscia tra i denti...
Aprii le labbra in una piccola risata. Effettivamente il mio accento mi tradiva.
- Sì, il mio nome è francese. E io parlo francese.
- Ah... Bene! Ottimo ottimo... - assunse un'aria un quasi meditativa - Allora devi venire con me! - esclamò poi allegro, voltandosi di spalle e cominciando a camminare. Dopo tre passi si accorse che non mi ero mosso e si voltò nuovamente verso di me.
- Dai, non ho tutta la notte! Sei atteso, non vorrai farli aspettare, no? - aveva la chiara espressione di chi sta aspettando impaziente che qualcuno faccia qualcosa di ovvio.
Ma io non mi mossi. Continuavo a guardarlo con un certo divertimento.
- E dove e da chi mi porteresti, di grazia? - chiesi con calma e cortesia.
Lui mi guardò, poi puntò lo sguardo verso il Canale, e alzò il dito a indicare un'imbarcazione con un uomo a bordo posteggiata su uno dei moli della piazza.
- Beh, prima ti porto sul motoscafo, mi pare ovvio.
Guardai l'imbarcazione, e osservai l'uomo a bordo, vestito in giacca e cravatta. Lo osservai con la Vista. Un ghoul.
Tornai a guardare il mio interlocutore.
- E poi dov'è che andrà il motoscafo?
Mi guardò stranito, come se stessi facendo una domanda da una banalità allucinante.
- In acqua, è ovvio!
Mi zittii un secondo.
- ... e poi?
Strabuzzò gli occhi e poi ci pensò un po' su.
- Ah, sì, certo, stavo per dimenticarmi! Poi ci porterà all'Etoile d'Or!
C'erano altre persone nella piazza, e il ragazzo stava attirando un po' d'attenzione.
Mi avvicinai a lui, chiedendo a bassa voce: - E chi mi aspetta all'Etoile d'Or?
Lui mi si avvicinò ancora di più e mi sussurrò in un orecchio.
- Lì c'è Annalisa, la signorina Annalisa cioè... Lei è... Accidenti, come si chiama? La donna con le ali del Principe... Faccia di donna corpo di uccello. Ah, ma anche tette di donna, già, gli uccelli non hanno le tette... Insomma, un po' donna un po' aquila... - stava distintamente sforzandosi nel ricordare una definizione, poi d'improvviso schioccò entrambe le mani e mi puntò gli indici contro, con l'aria di chi ha trovato una soluzione geniale a un problema molto complesso – Quelle di Enea, hai presente?
L'Arpia. Una carica della Camarilla. Mi rilassai un poco. Dopotutto quel tizio poteva essere chiunque, ma dopo quelle parole le possibilità che fosse un esterno all'organizzazione della città diminuiva. Ma non si è mai certi.
- Caspico. Come mai devo andare da lei e non... Dove di consueto? - gli chiesi sussurrando anche io.
- Intendi a Palazzo? Ah, questo non lo so, ordini del Principe pare. Credo che stanotte abbia da fare. Comunque diamine, ti dirà tutto lei, se vi ha mandato a chiamare tutti voi nuovi arrivati ci sarà un motivo no?
Dunque anche gli altri inviati erano stati richiamati dall'Arpia.
- Certo, c'è sempre un motivo... Va bene, guidami.
Lo seguii sul gommone, osservando la sua camminata saltellante. L'uomo in giacca e cravatta accese il motore mentre ci avvicinavamo, e appena fummo a bordo partimmo.
La mia guida se ne stava sul ciglio della prua come fosse un lupo di mare, osservando la città di fronte a lui.
Non potei che chiedermi perché mai fosse un figlio di Malkav a farmi da guida.
Mi schiarii la voce.
- Dunque... Com'è la situazione qui?
Lui si girò a guardarmi.
- Situazione? Oh beh, credo proprio un disastro, sì! - si voltò di nuovo verso la prua – sì sì, un disastro, sì...
Mi alzai e percorsi il motoscafo, raggiungendolo. Si voltò di nuovo a guardarmi.
Alzai la mano e gliela offrii.
- Comunque piacere, il mio nome è Ruby – dissi.
Guardò la mia mano con aria curiosa.
Poi la strinse, mi guardò negli occhi con quel suo sguardo stralunato e pronunciò come se fosse una parola magica il suo nome, quasi alitandola fuori della propria gola.
- Sunshine!
Gli sorrisi e tornai a posto.
Ci vollero pochi minuti per raggiungere una calle con altre imbarcazioni già ormeggiate. Acuii la mia vista e vidi gli altri.
Non li conoscevo allora, ma da lì a poco, avremo cominciato a vedercela davvero brutta.

17.6.11

Diario di Armand - L'arrivo a Venezia

19 ottobre 2013 – 21:32
Quando il mio Sire mi ha parlato di Venezia mi sono ricordato di quando ero giovane.
Di quando ero giovane veramente, di quando trent'anni ce li avevo sul serio. Quando credevo che le mie fotografie mi avrebbero portato lontano e che quei noiosi servizi per i matrimoni e le foto ai vanitosi, ai sociopatici ed ai maniaci mi avrebbero portato al successo. In fondo, non lo so nemmeno io che cosa volevo.

Se per successo si intendono soldi non li ho mai desiderati. Odio i soldi ma amo molti degli oggetti che ci si possono comprare. Principalmente vestiti di ottimo taglio e scarpe italiane.
Se per successo poi si intende essere sempre al centro dell'attenzione, non credo di poter sopportare il fatto che la mia vita diventi di dominio pubblico. Ho sempre preferito vivere quasi nell'anonimato... Nell'ombra. Ah-ah-ah.
Se per successo si intende il poter fare ciò che si vuole semplicemente per la propria posizione... Allora è un altro discorso. Come quel pazzo che andava di moda quando ero giovane... Come cazzo si chiamava? Andy Wor... Andy Werhol... Bah.

Volevo solo essere libero, in realtà. E adesso lo sono, nella maniera più assoluta.
I miei genitori sono morti. Tutti quelli che conoscevo sono morti.
La società che conoscevo è morta e se adesso voglio entrare in un locale e scoparmi il primo stronzo che capita e poi andarmene posso farlo. Posso anche ucciderlo. Cazzo, ho i brividi solo a pensarci.
E' ora che mi sento vivo.

Comunque, adesso sono qui su questa specie di motoscafo... Lo chiamano vaporetto, credo.
Non ho idea di dove mi stia portando: non ho avuto un gran numero di informazioni, ma pare sia successo un bel casino. I giornali all'aeroporto dicono che un maremoto simile era totalmente imprevedibile, mai successo, un vero disastro. Il problema è che se sono qui potrebbe non essere un semplice fenomeno naturale.

Probabilmente il Sire ha mandato me solo perché conosco l'italiano, ma va bene così. Questa nuova infanzia cominciava ad essere fin troppo lunga. Adesso mi sento come uno di quegli adolescenti in gita scolastica, lontano da casa, che ha solo voglia di ubriacarsi, scopare e fare casino. Ma non è una visita di piacere, questa.

I Giovanni sono spariti. Non ce n'è nemmeno più uno in tutta la città.
Un bel colpo per la Camarilla a dire il vero... Sempre che sia veramente così. Ma non è così scontato che chi ha fatto fuori i Giovanni non voglia far fuori anche noi. Siamo stati mandati qui per indagare in merito, comunque, e da quel poco che so sui Giovanni spero di non dover andare a frugare nei loro armadi. Ci tengono davvero gli scheletri, quelli là.

Stiamo arrivando. Dovrò presentarmi al principe. Anche lui è un Ventrue...
Poco importa. Sarò un Nosferatu agli occhi di tutti. E' più sicuro, ha detto il mio Sire.
Certo, con tutti quei cazzo di problemi legati alla discendenza e alla nobiltà non mi sarei potuto spacciare per Ventrue. E poi quelle cose mi hanno sempre fatto un po' schifo. La nobiltà mica dipende dal nome, non si eredita. Che te ne fai poi? E' solo un titolo, ma loro ci tengono ai titoli. Alla storia, alla casata, a tutte quelle chiacchiere.

Dovrò andare a ringraziare il primogenito Nosferatu, ma non so nemmeno come si chiama.
Forse sarà lui che troverà me. Quelli sanno sempre tutto.

Vedo il molo. Mi sembra stiano arrivando anche altre barche. Cainiti?
Ma soprattutto chi diavolo è quell'idiota con il cappello da mago?

13.6.11

Narrazione

Ed allora cominciò.
Una nicchia di oscurità si fa largo nel mondo che non esiste in cui tutti, se leggete queste parole, state navigando.
Un tempio alla tenebra che striscia nel mondo, che si insinua nei vicoli oscuri e ciechi delle vostre menti, che custodisce una raccolta di salmodie e inni a questa oscurità che circonda con i suoi tentacoli neri il mondo illuminato dalla ragione e dalla conoscenza.
Storie di luoghi, persone e cose che abitano al di là di ciò che siete disposti a credere o ad accettare.
Narrazioni di avvenimenti, pensieri e macchinazioni che hanno luogo in posti oscuri, in recessi nascosti di qualcosa che non viene considerato...
Odi ad occhi che osservano costantemente da dove non possono essere visti...
Loro vi vedono.
Loro vi sentono.
Loro sanno chi siete.
E noi... vi parelremo di Loro.
Benvenuti... Qui, potrete leggere le Storie di Tenebra.