19.6.11

Dalle memorie di Ruby - L'arrivo a Venezia

19 Ottobre 2013 - 21:00 circa
La voce gracchiante dell'altoparlante che annunciava l'imminente arrivo a Mestre mi riscosse dai pensieri in cui mi ero perso. Con la mano destra tastai la tracolla da viaggiatore che indossavo sopra alla giacca in pelle. Come se qualcuno potesse essersi avvicinato per rubarla senza che me ne accorgessi... Ma vent'anni di immortalità non sono abbastanza per farti perdere alcune vecchie abitudini.
Ero teso, preoccupato, fino all'esagerazione. "Calmati Ruby, non essere ridicolo..."
Me lo ero ripetuto spesso durante il viaggio.
Mentre il treno si fermava e ripartiva in vista della stazione di Santa Lucia cercai di nuovo tramite il cellulare informazioni o aggiornamenti sulle maggiori testate giornalistiche italiane e straniere.
Nessuna nuova notizia, esclusi i dibattiti sugli annunci dei politici per i progetti di ricostruzione.
Le cause del maremoto di Venezia rimanevano attribuite ad uno smottamento non ben localizzato nel mar Adriatico. Un fenomeno sismico di piccolo conto probabilmente, ma che aveva avuto la sfortunata coincidenza di avvenire nei pressi della città più esposta ai rischi di un'onda anomala in tutto il mondo. "Una tragica fatalità".
Tragico, sì. Fatalità...
Guardai l'orologio che portavo al polso. L'orario di arrivo previsto era passato da dieci minuti, ma era un ritardo più che accettabile. Dovetti di nuovo porre freno all'ansia crescente.
Sbirciai fuori del finestrino e distinsi le luci della laguna avvicinarsi.
Avevo un minuto. Più che sufficiente.
Chiusi gli occhi e mi concentrai.
"Sire, sono quasi giunto a Venezia"
Ci volle qualche secondo perché nella mia mente prendesse forma la risposta.
"Ottimo. Ricorda le tue istruzioni, e non deludermi, infante."
Sospirai "Farò del mio meglio, mio Maestro".
Interruppi la comunicazione telepatica e mi abbandonai sul sedile, e misi in fila i miei pensieri, così da affrontare l'arrivo nella capitale veneta con calma e razionalità.
È più facile affrontare i problemi se ti prendi un attimo di tempo per studiarti la situazione.
Stavo arrivando a Venezia.
Venezia, patria città del clan Giovanni, clan di necromanti che si era sempre dichiarato indipendente.
Tra loro e la Camarilla esiste una sorta di patto di non belligeranza. I due gruppi non hanno troppi interessi in comune. Il clan Giovanni è molto chiuso e non si interessa agli affari della Camarilla, e la Camarilla non presta troppa attenzione e non nutre particolare curiosità per le pratiche del clan.
E' vero che noi vampiri siamo clinicamente morti, ma rialzare i cadaveri dalle tombe e immischiarsi con gli spiriti è un'altra faccenda... Meglio non averci a che fare.
Ma qualcosa era cambiato. Sembrava che l'intero clan residente a Venezia fosse scomparso, e che la comunità vampirica della città fosse in subbuglio. Assolutamente comprensibile, visto che i Giovanni erano stati i padroni di Venezia sin da tempo immemore.
Le cause della sparizione: mistero.
Il modo: mistero.
Le conseguenze: mistero.
La sparizione di un clan, seppur (e forse sopratutto) non in seno alla Camarilla era un fatto grave. La Setta non poteva rimanere inerte e inattiva. Per questo io e altri Fratelli arruolati in giro per il mondo eravamo stati mandati per indagare sull'accaduto.
A quanto mi era stato riferito era la Camarilla a detenere il Dominio di Venezia al momento.
Interessante.
Riaprii gli occhi e fissai il piccolo trolley adagiato sul porta valigie del treno.
Speravo solo di non scoprire le cose sbagliate.
Io ero un inviato della Camarilla. Già. Ma ora stavo entrando nel territorio di un'altra Camarilla.
Il treno cominciò a frenare. Bloccai lo schermo del telefono, lo infilai nella borsa, mi alzai e sistemando la tracolla, afferrai il mio trolley e mi diressi alla porta più vicina.
La stazione di Santa Lucia era piccola, ma non affollata. Sopratutto non a quell'ora. Quasi nessuno scese dal treno a parte me, e incontrai poche persone nel tragitto verso l'uscita.
Non avevo molte informazioni, non sapevo chi dovevo incontrare, nè come si sarebbe fatto riconoscere.
Decisi di affidarmi alla Vera Vista. Mi fermai appena uscito dalla stazione. Ammirai per un attimo la scalinata che portava alla piazza, che dava direttamente sul Canal Grande. Osservai i palazzi che sull'altra riva fiondavano le loro facciate dritte nell'acqua, i traghetti e le imbarcazioni che passavano in quel tratto di canale, le persone. Era molto affascinante. Effettivamente, non ero mai stato a Venezia. Né da vivo, né tantomeno da morto. Quando respiri e puoi lasciare il panorama della Serenissima mozzarti il fiato è un conto. Per noi morti recarsi a Venezia spesso poteva essere una scelta dai rischi... inaccettabili.
Speravo solo che non fosse così per me.
Chiusi gli occhi e mi concentrai. Riaprendoli, il potere del mio sangue mi mostrò attraverso di essi uno spettacolo leggermente diverso. Le persone attorno a me ora apparivano differenti, circondate da un alone di colori e bagliori. Mi fermai un attimo a osservare le aure dei passanti. Tutti umani. Mi voltai per osservare altri soggetti.
Mi si gelò il sangue nelle vene per un attimo. Mi voltai di scatto verso l'interno della stazione, cercando di individuare il bagliore di un aura troppo vivida per essere quella di un essere umano, o anche di un vampiro.
Nulla.
Richiusi gli occhi e mi calmai. Ero troppo teso. Troppo.
"Ruby, senza la calma non hai il controllo... Calmati."
Avevo tutti i motivi per essere teso, ma feci l'unica cosa logica da fare. Mi calmai. Riaprii gli occhi e continuai a cercare.
Scesi con calma i gradini della stazione e mi diressi verso il canale, trascinando rumorosamente il trolley sui mattoni della piazza.
Dovevo raggiungere Palazzo Ducale, se qualcuno non si fosse messo in contatto. L'elisyum del Principe era lì, dove fino a pochi giorni prima era stato il ritrovo del Doge. Giovanna Zambon. Primo Vampiro della comunità Giovanni a Venezia. Ovviamente, anche lei sparita.
Mi feci strada finio alle mappe della mobilità urbana del luogo, e localizzai Palazzo Ducale. Non era lontano. La città non era grande, a piedi e con un po' di tempo si poteva raggiungere praticamente ogni luogo delle due isole sul Canal Grande.
Ma l'idea di aggirarmi da solo tra le viuzze di Venezia non mi attirava particolarmente.
Decisi di approfittare e di fare il turista, godendomi la traversata sul Canale con il traghetto, per arrivare direttamente in Piazza San Marco. Mi voltai per raggiungere le biglietterie... Mi ricordo che lì per lì non seppi che pensare quando lo vidi.
A pochi passi da me stava un ragazzo dagli sfibrati capelli biondo pallido lunghi sino alle spalle, con un cappello a punta blu con stelle bianche stile apprendista stregone, dei jeans blu elettrico glitterati, degli stivali che sembravano essere in pelle di coccodrillo lunghi fino al ginocchio, la maglietta di un gruppo metal chiamato Stratovarius e una lunga giacca di stoffa blu scuro con un motivo di occhi di varie grandezze, forme e colori. E aveva gli occhi spalancati a fissarmi, con un'aria un po' sognante, e sorridente.
Mi bloccai e lo fissai per cinque secondi buoni, squadrandolo dalla punta del cappello a quella degli stivali.
Usai di nuovo il potere del mio sangue e osservai la sua aura. Pallida. Come quella di un vampiro.
- Ciao!
Fu lui a salutarmi per primo, senza muovere un muscolo che non servisse solo a parlare.
- Tu sei il francese, vero? - mi chiese con voce squillante.
Mi ripresi dallo choc che il suo stesso abbigliamento costituiva e lo guardai negli occhi.
- Veramente sono svizzero - risposi con un mezzo sorriso. Lui reagì alzando il mento e squadrandomi un po'.
- Aaaaaaah, sì sì un orologiaio, capisco... Però hai un nome francese, vero? Parli anche come loro, tipo con una biscia tra i denti...
Aprii le labbra in una piccola risata. Effettivamente il mio accento mi tradiva.
- Sì, il mio nome è francese. E io parlo francese.
- Ah... Bene! Ottimo ottimo... - assunse un'aria un quasi meditativa - Allora devi venire con me! - esclamò poi allegro, voltandosi di spalle e cominciando a camminare. Dopo tre passi si accorse che non mi ero mosso e si voltò nuovamente verso di me.
- Dai, non ho tutta la notte! Sei atteso, non vorrai farli aspettare, no? - aveva la chiara espressione di chi sta aspettando impaziente che qualcuno faccia qualcosa di ovvio.
Ma io non mi mossi. Continuavo a guardarlo con un certo divertimento.
- E dove e da chi mi porteresti, di grazia? - chiesi con calma e cortesia.
Lui mi guardò, poi puntò lo sguardo verso il Canale, e alzò il dito a indicare un'imbarcazione con un uomo a bordo posteggiata su uno dei moli della piazza.
- Beh, prima ti porto sul motoscafo, mi pare ovvio.
Guardai l'imbarcazione, e osservai l'uomo a bordo, vestito in giacca e cravatta. Lo osservai con la Vista. Un ghoul.
Tornai a guardare il mio interlocutore.
- E poi dov'è che andrà il motoscafo?
Mi guardò stranito, come se stessi facendo una domanda da una banalità allucinante.
- In acqua, è ovvio!
Mi zittii un secondo.
- ... e poi?
Strabuzzò gli occhi e poi ci pensò un po' su.
- Ah, sì, certo, stavo per dimenticarmi! Poi ci porterà all'Etoile d'Or!
C'erano altre persone nella piazza, e il ragazzo stava attirando un po' d'attenzione.
Mi avvicinai a lui, chiedendo a bassa voce: - E chi mi aspetta all'Etoile d'Or?
Lui mi si avvicinò ancora di più e mi sussurrò in un orecchio.
- Lì c'è Annalisa, la signorina Annalisa cioè... Lei è... Accidenti, come si chiama? La donna con le ali del Principe... Faccia di donna corpo di uccello. Ah, ma anche tette di donna, già, gli uccelli non hanno le tette... Insomma, un po' donna un po' aquila... - stava distintamente sforzandosi nel ricordare una definizione, poi d'improvviso schioccò entrambe le mani e mi puntò gli indici contro, con l'aria di chi ha trovato una soluzione geniale a un problema molto complesso – Quelle di Enea, hai presente?
L'Arpia. Una carica della Camarilla. Mi rilassai un poco. Dopotutto quel tizio poteva essere chiunque, ma dopo quelle parole le possibilità che fosse un esterno all'organizzazione della città diminuiva. Ma non si è mai certi.
- Caspico. Come mai devo andare da lei e non... Dove di consueto? - gli chiesi sussurrando anche io.
- Intendi a Palazzo? Ah, questo non lo so, ordini del Principe pare. Credo che stanotte abbia da fare. Comunque diamine, ti dirà tutto lei, se vi ha mandato a chiamare tutti voi nuovi arrivati ci sarà un motivo no?
Dunque anche gli altri inviati erano stati richiamati dall'Arpia.
- Certo, c'è sempre un motivo... Va bene, guidami.
Lo seguii sul gommone, osservando la sua camminata saltellante. L'uomo in giacca e cravatta accese il motore mentre ci avvicinavamo, e appena fummo a bordo partimmo.
La mia guida se ne stava sul ciglio della prua come fosse un lupo di mare, osservando la città di fronte a lui.
Non potei che chiedermi perché mai fosse un figlio di Malkav a farmi da guida.
Mi schiarii la voce.
- Dunque... Com'è la situazione qui?
Lui si girò a guardarmi.
- Situazione? Oh beh, credo proprio un disastro, sì! - si voltò di nuovo verso la prua – sì sì, un disastro, sì...
Mi alzai e percorsi il motoscafo, raggiungendolo. Si voltò di nuovo a guardarmi.
Alzai la mano e gliela offrii.
- Comunque piacere, il mio nome è Ruby – dissi.
Guardò la mia mano con aria curiosa.
Poi la strinse, mi guardò negli occhi con quel suo sguardo stralunato e pronunciò come se fosse una parola magica il suo nome, quasi alitandola fuori della propria gola.
- Sunshine!
Gli sorrisi e tornai a posto.
Ci vollero pochi minuti per raggiungere una calle con altre imbarcazioni già ormeggiate. Acuii la mia vista e vidi gli altri.
Non li conoscevo allora, ma da lì a poco, avremo cominciato a vedercela davvero brutta.

1 commento:

  1. No, Novi!! :D "Ma anche tette di donna, già, gli uccelli non hanno le tette" OMG fantastico xD è il mio idolo!
    Certo che però girare con un motoscafo per una Venezia mezza distrutta non dev'essere stato facile!

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